02.07.2010 von soellner in urban stage

“light me” open source people: Alessandro, il fisico che non apprezzava il tramonto come avrebbe dovuto

Quando Alessandro Barchiesi sale sul palco per dare inizio alla sua performance, qualcuno nel pubblico fa notare a bassa voce che il giovane artista romano somiglia ad Edward Mani di Forbice, il personaggio  protagonista dell’omonima, amatissima pellicola diretta da Tim Burton.  Nessun riferimento a Johnny Depp, l’attore che gli ha prestato il volto,  ma solo alla creatura vestita di nero con le cesoie al posto delle dita; come a sottolineare l’immaginario scuro ed etereo evocato da “Caotica Lex“, l’opera che il visual artist presenta, in anteprima, allo smart urban stage.Fa strano parlare di oscurità, quando il tema della serata è la luce. Ma il fascino scaturito dal lavoro di Barchiesi risiede proprio nella sua natura ossimorica. Attinge al complesso mondo dell’algoritmica del caos (esiste nulla di più oscuro per i profani della ricerca scientifica?) e lo traduce in esperienze visive luminose. “Mi sono laureato in fisica, ho un dottorato di ricerca. Sono sempre rimasto affascinato dalla branca della matematica che si occupa del caos. Ma mai avrei pensato che questi argomenti potessero avere una valenza estetica”, racconta Alessandro.  “Successivamente la mia ottica è cambiata quando ho conosciuto l’opera di Paul Dirac, uno dei fondatori della fisica quantistica; un uomo costantemente guidato dall’estetica della bellezza“. Ammetto di essere completamente a digiuno di fisica quantistica, nonostante il curatore della categoria “Explore” della smart urban stage exhibition sia Paolo Mataloni, una delle “eccellenze” del campo. Ma le parole di Alessandro, esattamente come quelle di Fabio Sciarrino e Giuseppe Vallone,  mi incuriosiscono e su internet trovo una massima dello studioso britannico che reputo davvero affascinante: “”una teoria includente una bellezza matematica ha più probabilità di essere giusta e corretta di una sgradevole che venga confermata dai dati sperimentali“. Mi domando a questo punto se ci sia un collegamento tra la visionarietà degli artisti e quella teorica degli scienziati. Barchiesi al riguardo è molto preciso.”Non si lascia spazio alla matematica di sognare. E’ bene sempre ricordarlo. Essere uno scienziato ti spinge a guardare ciò che è estetico con una freddezza fuori dal comune. Prendi il tramonto, ad esempio. Io non lo percepisco in maniera pittoresca. Per me è prima di tutto un fenomeno scientifico spiegabile da regole precise. Il percorso artistico che ho intrapreso mi aiuta a riappropriarmi di quello sguardo perduto.”  L’intervista finisce. Claudia fa qualche foto (Barchiesi si fa ritrarre di spalle). Penso a Tim Burton, ai suoi film ma anche ai suoi racconti illustrati, come il bellissimo “Morte malinconica del bambino ostrica“. Ad occhio e croce, “Storia di un fisico che non apprezzava il tramonto come avrebbe dovuto” potrebbe essere farina del suo sacco. Il pubblico, durante la performance, non aveva tutti i torti…

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